JENNY E LA METAMORFOSI DI NARCISO
Tutte le mattine, da quindici anni a
questa parte, esco di casa e prendo il 35 barrato. Mi fermo dieci minuti alla
fermata del tram ad ascoltare i musicisti zingari che sanno suonare solo il “Canone
in Re maggiore” di Pachelbel e do loro una monetina.
Raggiungo l’ufficio e lavoro sodo, guadagno
uno stipendio dignitoso e passo le vacanze in montagna con i miei genitori, festeggio
i natali e i compleanni e vado a dormire insoddisfatta. Questo succede perché
non mi piaccio.
Ho avuto una famiglia unita, un’infanzia
all’insegna del profumo d’amore, un paio di fidanzati, un cane. Ho avuto tutto
quello che si dovrebbe avere, ma mai la bellezza.
Ho studiato parecchio, mi sono
massacrata al liceo classico, alla facoltà di filosofia e ai vari master. Hanno
cercato di annientarmi con esami, prove e test, ma sono riuscita a sopravvivere
a tutto.
Ho imparato a guardare le cose sotto
ogni prospettiva, prendere il bene dal male, e il male dal bene . Considerare
tutto e il contrario di tutto.
La mia testa ha macinato riflessioni
e pensieri, astratti e concreti; ho anche scritto un saggio che è stato
pubblicato dalla casa editrice universitaria. Un saggio che viene preso a
modello dagli studenti... pensa un po’!
Mi è stato insegnato come penetrare a profondo nei
dialoghi e soppesare le parole, capire prima degli altri... e usare quest’arma
a mio favore. Mi è stato insegnato di tutto. Troppo.
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