Lettori fissi

giovedì 13 agosto 2015

JENNY E LA METAMORFOSI DI NARCISO



JENNY E LA METAMORFOSI DI NARCISO


Tutte le mattine, da quindici anni a questa parte, esco di casa e prendo il 35 barrato. Mi fermo dieci minuti alla fermata del tram ad ascoltare i musicisti zingari che sanno suonare solo il “Canone in Re maggiore” di Pachelbel e do loro una monetina.
Raggiungo l’ufficio e lavoro sodo, guadagno uno stipendio dignitoso e passo le vacanze in montagna con i miei genitori, festeggio i natali e i compleanni e vado a dormire insoddisfatta. Questo succede perché non mi piaccio.
Ho avuto una famiglia unita, un’infanzia all’insegna del profumo d’amore, un paio di fidanzati, un cane. Ho avuto tutto quello che si dovrebbe avere, ma mai la bellezza.
Ho studiato parecchio, mi sono massacrata al liceo classico, alla facoltà di filosofia e ai vari master. Hanno cercato di annientarmi con esami, prove e test, ma sono riuscita a sopravvivere a tutto.
Ho imparato a guardare le cose sotto ogni prospettiva, prendere il bene dal male, e il male dal bene . Considerare tutto e il contrario di tutto.
La mia testa ha macinato riflessioni e pensieri, astratti e concreti; ho anche scritto un saggio che è stato pubblicato dalla casa editrice universitaria. Un saggio che viene preso a modello dagli studenti... pensa un po’!
Mi è stato insegnato come penetrare a profondo nei dialoghi e soppesare le parole, capire prima degli altri... e usare quest’arma a mio favore. Mi è stato insegnato di tutto. Troppo.

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